La preparazione dell’impasto
Gli ingredienti necessari alla preparazione del pane sono farina, lievito, acqua e sale. Per ogni chilo di farina usata, si dovranno avere a disposizione 50 grammi di lievito, 4 decilitri di acqua e 20 grammi di sale, corrispondenti a due cucchiaini.
L’impasto dal quale si otterrà il pane richiede innanzitutto la preparazione di un “panetto” ottenuto con farina, acqua tiepida e lievito. Quest’ultimo può essere di birra, chimico o naturale; a seconda del lievito usato, il pane risulterà più o meno digeribile, ma anche più o meno fragrante e profumato.
Il panetto deve essere messo a lievitare all’interno di un recipiente infarinato e coperto (meglio se con un panno), possibilmente in un luogo tiepido, finché non avrà raddoppiato il suo volume. In seguito si prepara l’impasto, a base di farina, sale e acqua, “lavorati” con le mani e poi amalgamati con il “panetto”, impastando il tutto finché non si produrranno delle bollicine sulla superficie (l’atto dell’impastare consiste nel piegare e ripiegare più e più volte il prodotto). A questo punto, il nuovo impasto viene messo anch’esso a lievitare, per lavorarlo di nuovo soltanto quando avrà raddoppiato il suo volume. La terza lavorazione consiste nel dargli la forma desiderata dopodiché, dopo un’ulteriore lievitazione, l’impasto potrà essere finalmente infornato.
La preparazione dell’impasto, anche solo per il pane comune, può presentare delle varianti legate alle quantità e alla qualità degli ingredienti o anche a tradizioni diverse di panificazione. Una variante comune è quella di lavorare gli ingredienti tutti insieme e in una sola volta. Particolarmente efficace, e decisamente meno stancante nella lavorazione, risulta l’uso della “macchina per il pane”, una impastatrice automatica che oltre ad impastare il pane lo lascia anche lievitare e lo cuoce, mantenendolo poi in caldo prima dell’uso.
La cottura
Il pane deve essere cotto in un forno già caldo, ad una temperatura variabile tra i 200 e i 250°. I risultati migliori, in termini di fragranza e di profumo, si ottengono con il forno a legna; per quanto riguarda il forno a gas, bisognerà riservare particolare attenzione alla parte inferiore del pane che tende a bruciarsi; viceversa, con il forno elettrico la parte inferiore cuoce più lentamente di quella superiore, richiedendo quindi di “girare” il pane a metà cottura.
Dopo essere stato cotto, il pane deve essere messo a raffreddare in un luogo asciutto, per far sì che l’umidità fuoriesca senza conseguenze sulla crosta che dovrà rimanere fragrante.
La conservazione del pane
Alcuni semplici accorgimenti possono ritardare il processo di solidificazione del pane, che avviene nel giro di pochi giorni (quello fatto in casa tende a durare circa un giorno in più di quello acquistato). Se lo si consuma nella stessa giornata in cui è stato acquistato e quindi prodotto, il pane non avrà perso le sue caratteristiche, né fragranza né morbidezza. Ma se deve essere consumato in più giorni, è indispensabile conservarlo in un luogo non umido, in un sacchetto di carta, avvolto in un panno o comunque in un contenitore chiuso non ermeticamente.
Meglio ancora congelarlo, ciò che lo renderà nuovamente consumabile in un periodo fino a tre mesi. Per congelare il pane, è consigliabile avvolgerlo in fogli di alluminio; se si tratta di un pane di grandi dimensioni, opportuno divederlo in pezzi prima di metterlo nel congelatore, ciò che favorirà il processo di surgelazione.
Lo scongelamento può avvenire in molti modi, a temperatura ambiente, nel forno, o nel forno a microonde.
LA PIZZA
Alta, alla napoletana, o bassa, alla romana. Semplicissima, con pomodoro e origano, o sovraccarica di ingredienti, dall'uovo al prosciutto, alle verdure, ai frutti di mare. Cotta nel classico forno a legna o surgelata e riscaldata nel microonde. A taglio o tonda, da asporto o consumata in vecchi locali storici con le tovaglie di carta. Italiana per antonomasia. Tanto da conservare il proprio nome in tutto il mondo; dall'America al Giappone, c'è un solo modo di pronunciarla: pizza. Nata come cibo povero, realizzabile con pochi essenziali ingredienti, oggi la pizza presenta tante e tali varianti da rappresentare un pasto completo e perfettamente equilibrato. La vera ambasciatrice dell'Italia nel mondo ha una storia antica, che parte dalle focacce di farro in epoca pre-cristiana; ha attraversato epoche e continenti, ha resistito a guerre di gourmet e invasioni di cucine etniche, e ormai ha conquistato, pacificamente, tutto il mondo.
La storia
Un'antenata della pizza era probabilmente già diffusa in epoca etrusca. I Romani usavano preparare focacce di farro chiamate libum, ma già Virgilio, l'autore dell'Eneide, descrive la preparazione di focacce rotonde realizzate con farina di frumento, acqua, erbe aromatiche e sale. Attorno al 1500 a Venezia si preparava un impasto sottile a base di uova, burro e zucchero che veniva cotto nel forno. Con la scoperta dell'America venivano importati in Europa alimenti fino a quel momento totalmente sconosciuti nel vecchio continente, tra cui il pomodoro, destinato a diventare un ingrediente fondamentale per la pizza, solo a partire dal 1700, a Napoli. Fino a quel momento nel Sud Italia era molto diffusa, almeno dal 1600, una schiacciata di farina di frumento condita con diversi ingredienti come lo strutto, poi sostituito dall'olio di oliva, il formaggio e erbe aromatiche come basilico e origano. La pizza al basilico era anche detta pizza alla mastunicola, e, insieme alla pizza coi cicinielli, pesciolini piccolissimi, è la più antica di cui si tramanda la ricetta. Dalla seconda metà del '700, oltre al pomodoro, i partenopei iniziarono ad aggiungere alla pizza anche la mozzarella di bufala. La prima ricetta di pizza napoletana pressoché identica a quella che si conosce oggi risale alla metà del 1800.
La pizza è citata in innumerevoli canzoni, poesie e romanzi, fin dai tempi antichi. Se Virgilio in una delle sue opere citava le tecniche di preparazione dell'antenata romana della pizza, una
delle prime "apparizioni letterarie" della versione attuale della pizza risale al Seicento, in un'opera napoletana, il Cunto de li Cunti, che raccoglie vari racconti fra cui uno intitolato "Le due pizzelle", in cui si parla di un alimento fatto da un disco di pasta con un ripieno. Dumas padre, celebre romanziere de "I tre moschettieri" ma anche prolifico autore di letteratura di viaggio, alla pizza ha dedicato appunti, informazioni precise e acute osservazioni. Oltre a elencare i tipi di pizza più in voga nella sua epoca: all'olio, al lardo, alla sugna, al formaggio, al pomodoro, ai pesciolini. In "Usi e costumi di Napoli" di De Boucard, della metà del XIX secolo, si legge la prima ricetta della pizza e si citano le varietà più in uso: quella con aglio, olio, origano e sale; con formaggio grattugiato, strutto, basilico; con pesce minuto; con mozzarella, con prosciutto, arselle; e con il pomodoro.
Storia della pizza Margherita
Una storia diventata quasi leggenda. L'estate del 1889 il re Umberto I e la regina Margherita soggiornarono a Napoli, nella reggia di Capodimonte. La regina, incuriosita dalla pizza, che non aveva mai assaggiato ma di cui aveva sentito parlare, fece chiamare a corte uno dei pizzaioli più celebri del tempo, che, accompagnato dalla moglie, preparò una pizza con sugna, formaggio e basilico; una con aglio, olio e pomodoro e una con mozzarella, pomodoro e basilico, cioè con i colori della bandiera italiana, che piacque particolarmente alla regina. E alla quale quindi il pizzaiolo, Don Raffaele, decise di dare il nome Margherita. Ma questo tipo di pizza non fu inventato per l'occasione, come spesso si sente dire; esisteva già, tanto che era particolarmente amato da un'altra regina, la borbonica Maria Carolina.
Ricetta
Alcuni accorgimenti per la scelta degli ingredienti principali: la farina più indicata è di tipo doppio zero, perché è più lavorabile e l'impasto risulta più soffice ed elastico. L'acqua deve essere potabile e avere una temperatura costante compresa tra 6 e 12 gradi. L'olio va aggiunto verso la fine, quando l'impasto è quasi pronto. Il segreto per una buona pizza è l'alta temperatura di cottura.
Ingredienti necessari per l'impasto:
• 1 kg di farina
• un panetto di lievito di birra
• 500 ml di acqua tiepida
• 2 cucchiai d'olio
• 2 cucchiaini di sale
Disporre la farina sul tavolo di legno o su un piano di marmo e aggiungere l'acqua un poco alla volta, il lievito e gli altri ingredienti. Lavorare la pasta con le mani finché non raggiunge una consistenza morbida ed elastica. Formare una palla uniforme, infarinare, coprire con un panno umido e lasciare lievitare finché non raddoppia di volume (circa 2-3 ore). Quindi infarinare il piano di lavoro, stendere la pasta e schiacciarla con il mattarello dando la forma che si desidera, rotonda o rettangolare, spessa non più di mezzo centimetro. Bucherellare leggermente la superficie prima di infornare. Nel forno di casa, che non raggiunge alte temperature, la pizza richiede una cottura tra i 20 e i 30 minuti a una temperatura di 250 gradi. A una temperatura di 300-350 gradi invece sono sufficienti 10 minuti di cottura. È preferibile farla cuocere col solo pomodoro per i primi 15 minuti e poi aggiungere la mozzarella e altri ingredienti a piacere.
Esempi di preparazione:
- Pizza Margherita
- Pizza ai cicenielli
- Pizza al pomodoro
- Pizza alla romana
- Pizza alle vongole
- Pizza alle melanzane
- Pizza gialla
- Pizza quattro stagioni
- Pizza Rustica